Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Un'idea iniziale a metà tra Teorema e l'horror (gli influssi malefici di un topolino demoliscono le sovrastrutture di una famiglia borghese) per una commedia grottesca alla Solondz, basica nella forma e svelta nel ritmo, nella quale alcune provocazioni neppure troppo all'acqua di rose (il fallo finto brassiano in azione in un film per il resto quasi privo di scene di nudo, la cura della madre per far rinsavire il figlio) faticano a trasformare il tutto in qualcosa di realmente graffiante. Rimane un film curioso, scorrevole, discretamente recitato, con un riuscito pre-finale delirante.
Action comedy di buona fattura scritto in modo da mantenere il film sempre in bilico tra sorriso e tensione. Realizzato come se ne giravano in passato, ma con caratteristiche narrative molto attuali. Il protagonista, un centratissimo Jack Quaid, è una specie di supereroe involontario: per un difetto genetico non può provare alcun dolore ed è quindi pressoché indistruttibile; il criminale (Ray Nicholson) è l'ormai consueto spietato reduce di guerra. L'intento di promuovere la diversità come non discriminante è declinato con intelligenza. Così neppure il prevedibile finale stona.
Una vicenda ambientata durante la corsa notturna di un taxi nella quale i due protagonisti (il tassista stesso e la passeggera) si confessano a cuore aperto. Un inizio intrigante e uno svolgimento che non mantiene tutto quello che l’incipit promette, alterando momenti piú intriganti ad altri in cui la tensione cala e situazioni e dialoghi sono discretamente ripetitivi. Fotografia suggestiva e interpreti adeguati non salvano il film dalla mediocritá, da cui l’avrebbe salvato invece una sceneggiatura con più mordente.
Un film dal target televisivo che si muove sulla scia di una celebre serie degli anni '90, ambientato nel nord Alaska tra buio perenne e neve, nel quale il ritrovamento del cadavere di una donna dà inizio a una serie di indagini da parte della polizia locale e di un agente FBI incapaci di scoprire per tempo il serial killer insospettabile. La voce fuori campo del barbiere che già dall'inizio rivela con chi si ha a che fare, non aiuta a mantenere l'interesse per i vari snodi tra il prevedibile e il forzato e fa apparire gli altri personaggi tutti un po' tonti o esaltati. Impersonale.
Commedia francese che parte da una situazione di insoddisfazione della protagonista (la sempre deliziosa Laure Calamy) nei confronti della propria vita coniugale. La soluzione non è delle più originali dal punto di vista narrativo, ma la regista Vignal conduce bene la vicenda e adotta un tono funzionale che sta a metà tra la commedia brillante e la farsa (il momento musical), che rende la pellicola piacevole e godibile a dispetto di una certa ripetitivitá delle situazioni. Il finale è coerente con il tono del film e consolatorio il giusto.
Pur non essendo un capolavoro si tratta comunque di una buona pellicola, anche se Lang non ne fu soddisfatto (così come Green, autore del libro da cui fu tratto il film). La mano del regista si vede eccome: bellissima la sequenza d'apertura con la pendola che scandisce il tempo e Milland che aspetta. Siamo al cospetto di una intricata storia di spionaggio (girata in tempo di guerra) un po' confusa, ma comunque estremamente godibile. Attori adeguati e buona fotografia in bianco e nero.
Interessante lo “stratagemma biografico” di cui si servono gli autori per imbastire il loro singolare thriller, utilizzando cioè solo tangenzialmente la figura di John DeLorean, il costruttore che immise sul mercato una propria auto sportiva diventata in breve leggenda (poi resa universalmente celebre dal suo utilizzo nella trilogia di RITORNO AL FUTURO). Non che DeLorean (Pace) non sia parte del gruppo di personaggi fondamentali nell'economia del racconto, ma il punto di vista principale è quello di Jim...Leggi tutto Hoffman (Sudeikis), eccentrica figura di narcotrafficante passato a lavorare per l'FBI con lo scopo di incastrare i suoi mandanti.
Il processo a DeLorean rappresenta il momento centrale del film: da esso si dipartono i flashback attraverso i quali verrà ricostruita la vicenda; il primo ci mostra Hoffman arrestato sulla pista d'atterraggio dall'agente speciale dell'FBI Benedict Tisa (Stoll): nelle ali dell'aereo con cui viaggiava insieme a moglie (Greer) e figli vengono ritrovate decine di panetti di cocaina. Inevitabili le accuse, anche se John dimostra di sapersene divincolare abilmente. Semplice vicino di casa di DeLorean, Jim lo conosce mentre prova a riavviare l'auto in garage e, fattoci amicizia, viene invitato alle di lui feste in villa prendendo gradatamente coscienza del grande progetto di questa nuova auto rivoluzionaria, per lanciare la quale, tuttavia, saranno necessari fondi extra. Pare infatti che non sia il massimo dell'affidabilità e che rappresenti un progetto troppo ambizioso, per potersi reggere sulle proprie gambe. E' per questo che DeLorean, scoperto come Jim sia amico del narcotrafficante Morgan Hetrick (Cudlitz), gli chiede di intercedere per ottenere i soldi che servono a risistemare l'azienda.
Rientrano a questo punto decisamente in pista l'FBI e l'agente Tisa, mentre sulle spalle di Hoffman ricadrà buona parte della riuscita dell'incrocio di interessi. La storia è vera (come testimoniano le foto sui titoli di coda) e indubbiamente interessante: scritta in modo intelligente, stipata di inevitabili passaggi in flashback (siamo nel 1975), riesce ad appassionare e si giova di ottime caratterizzazioni da parte di un affascinante Lee Pace nei panni di DeLorean e di un Jason Sudeikis che ben si cala nei panni dell'allegro “cazzone” (come lui stesso si definisce), sempre pronto a vedere le cose in positivo senza perdere il sorriso. Buoni anche i suoi botta e risposta con una vivace Judy Greer e con Corey Stoll, bravo a svariare dal sarcasmo alle dure minacce nel caso Jim si rifiuti di collaborare.
Vincente la scelta di lasciare per il finale l'esito della sentenza in modo che la storia venga dispiegata lentamente senza mai troppo anticipare, apprezzabile la ricostruzione storica (per quanto parzialmente inficiata da una fotografia dai toni troppo accesi). La sceneggiatura di Bateman e Carpio conferisce una solida struttura al film che la regia di Nick Hamm sfrutta bene e, se anche si intravede lo spirito commerciale che anima l'operazione, instradata in un filone ben preciso, si rinuncia una volta tanto alle solitamente immancabili drammatizzazioni e all'azione, privilegiando un approccio da commedia. Si punta ai dialoghi, alla tensione che monta in alcune scene, all'ombra della DeLorean che aleggia sull'intera vicenda senza far pesare la sua presenza. Perché sia chiaro, non è un vero biopic su DeLorean ma il racconto di come finì in manette e, prima ancora, di come si sviluppò l'intreccio che ne favorì l'arresto.
Si comincia tra scaglie di sesso tra ragazzi e una coppia in cui lei domina, decisa. Lui, con la benda sugli occhi, subisce l'iniziativa, si lascia guidare, sopraffare. Lei è Alice (Régnier), biondina sexy e prevaricatrice, lui è Luc (Renier), letteralmente plagiato. Pare incapace di rendersi conto della situazione, e quando lei gli racconta di come un loro compagno di scuola, Said (Kechiouche), l'abbia fatta violentare da quattro suoi amici, nemmeno sa come reagire. Perché è comunque ancora lei a dettare le regole e, dopo aver attirato Said nelle stanze...Leggi tutto deserte della scuola durante la sera, ci fa sesso, con Luc a spiarli da dietro una porta. E' un attimo e questa volta Luc, brandendo un coltellino, si avventa sulla coppia massacrando di fendenti il povero Said in un tripudio di sangue.
Sembra che per la coppia si apra un futuro da Bonnie e Clyde: rapine, fughe e un cadavere da seppellire nel bosco, dove però si aggira uno strano individuo (Manojlovic) che, capito ciò che stanno facendo, li conduce nel suo casolare e li lega con cattive intenzioni. Comincia una segregazione brutale, con l'uomo che stringe Luc con la corda al collo per impedirgli di fuggire e caccia Alice nello scantinato, dal quale la ragazza emerge di tanto in tanto sporgendo la testa da sotto una botola.
Un bel quadro di violenza fisica e psicologica, che Ozon dirige tentando di imergere il film in un alone onirico quasi favolistico, citando apertamente i Grimm di Hansel e Gretel quando dice di voler mettere all'ingrasso Luc (mentre le ragazze gli piacciono pelle e ossa). Ci aggiunge qualche sapido tocco cannibal per virare ancor di più nel grottesco, ma l'effetto ottenuto rischia spesso di precipitare il tutto nel ridicolo involontario. Nel frattempo si preoccupa di spiegarci meglio come sono andate le cose a scuola attraverso flashback che di tanto in tanto irrompono nella storia accrescendo il tasso di perversione ed erotismo: emerge ancor di più il carattere sadico e instabile di Alice e allo stesso tempo la sua capacità di plagiare Luc, il cui spaesamento sessuale prosegue nel rapporto imprevedibile che stabilisce col loro carceriere.
Ozon gioca coi sentimenti e con l'ossessione per il sesso, dipinge la figura dell'uomo che ha rapito i due giovani come quella di un vero e proprio orco, mostra tracce autoriali evidenti e un talento non comune, ingabbiato però in un plot scarsamente significativo che si compiace troppo delle deviazioni psicotiche dei suoi protagonisti; inoltre calca la mano sui sorrisini malati di lei, le sue occhiate di fuoco e la passività di lui estremizzandone i comportamenti. Il risultato sembra gettare tanto fumo negli occhi per nascondere un'inconsistenza di fondo riflessa da un approccio elementare ai temi affrontati. Di tanto in tanto sprazzi di ottimo cinema, esplosioni improvvise di violenza che lasciano il segno, ma è nel suo insieme che il film naviga in in un manierismo nemmeno salvabile da interpretazioni che meritino di essere ricordate.
Chi è abituato a lasciare le chiave del proprio appartamento al portinaio potrebbe avere qualche ripensamento, guardando un film del genere: César (Tosar) ci appare come uno dei più tranquilli, nella sua categoria, anche se poi più di un inquilino non sembra esattamente amarlo... Clara (Etura) ci va d'accordo, ma non sa cosa talora quello le combina di notte: le si piazza sotto al letto quando lei è fuori casa e aspetta paziente. Di notte, una volta assicuratosi (tramite specchietto) che la bella ragazza abbia chiuso gli occhi, esce dal suo nascondiglio, la...Leggi tutto cloroformizza e, infilatosi sotto le coperte con lei, le dorme accanto e, sistemata la sveglia, si rialza al momento giusto, esce dall'appartamento come niente fosse e si prepara alla sua giornata di lavoro.
In portineria César trova l'anziano che lo rimprovera per i costanti ritardi, la signora sola che gli chiede di poter tenere i cani, la bambina a cui paga del denaro in gran segreto (non è subito ben chiaro per cosa) e poi ancora Clara, con cui si intrattiene qualche minuto prima di vederla uscire e ritornare a volte la sera insieme al suo boyfriend (San Juan). Se a prima vista César ci appare quasi come un portinaio modello, nel recondito della sua anima nera deve sedare costantemente un insopprimibile odio verso il prossimo; e ci spiega il perché: solo osservando il dolore altrui riesce a trovare un motivo per sopravvivere in qualche modo a una vita infelice. Innamorato di Clara? Nemmeno; anche dietro le sortite notturne si celano secondi fini che non tarderanno a manifestarsi.
Lo sguardo imperturbabile, apparentemente servizievole, César coltiva pensieri di morte e appena può ferisce - anche psicologicamente - chi gli sta di fronte (esemplare il modo con cui, in tutta calma e cominciando da frasi di cortese circostanza, annichilisce la povera signora coi cani mettendola di fronte alla sua condizione di anziana irrimediabilmente sola); Balagueró, tra gli alfieri del cinema dell'orrore spagnolo, è regista che sempre più conferma di saper girare con tecnica sopraffina e trova in BED TIME (con la "E" che nel titolo viene sovrascritta da una A) un nuovo modo di spaventare, concentrandosi sul ritratto psicologico del suo protagonista che compie una lunga discesa negli abissi più profondi della misoginia.
Piace la meccanica apatia con cui César elabora i suoi piani (l'invasione degli scarafaggi, il licenziamento della domestica e relativo figlio) e si difende dall'accusa di essere entrato senza permesso nell'appartamento di Clara, colpisce l'inedito rapporto con la madre malata in ospedale, alla quale il nostro racconta delle proprie malefatte approfittando del fatto che la povera donna non può nemmeno rispondergli. Non è facile incrociare al cinema un tale concentrato di malvagità che non sia assegnato al solito killer senza volto e il film, pur con qualche passaggio a vuoto o superfluo, si fa seguire con un certo gusto (per il macabro). Sexy e dolce Marta Etura, ben caratterizzati i personaggi secondari, un unico momento splatter ben dosato, un finale controverso che però lascia il segno. Un horror meno anonimo di tanti altri, moderno nella sua concezione e feroce al punto giusto...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA